C’è una libertà interiore che scaturisce dalla presa di coscienza e dall’esperienza di essere e sentirci figli amati da Dio. Lo ha rivelato Gesù, il Suo Unigenito, avendo accettato di essere uno di noi, uno con noi, uno per noi, amandoci fino alla morte di croce: “Nessuno ha amore più grande di colui che dà la vita per i suoi amici” (cfr. Gv 15,12-17). Ma sappiamo che la novità del messaggio cristiano va ben oltre, perché Gesù ha dato la sua vita non solo per gli amici ma per tutti, giusti e ingiusti (cfr. Mt 5,43-48). È questo il messaggio pasquale che la Chiesa, e noi come Chiesa, proclamiamo vivamente, gioiosamente, ininterrottamente in questi giorni santi.
Nutriti quotidianamente dalla Parola Viva che è Gesù, donata come pane quotidiano dal Padre celeste, siamo chiamati nel mondo a seminare la pace e la speranza che nel mondo non c’è, perché tutti gli sforzi che si fanno nel mondo per avere pace e nutrire speranza partono sempre dall’eliminazione del nemico, oppure dall’indifferenza verso i piccoli, i poveri, i deboli, gli invisibili che non interessano alla concorrenza dei grandi… purtroppo, se non che per usufruire di benefici a loro nome… purtroppo ancora, nel XXI secolo è così…
Ecco perché il comandamento nuovo di Gesù non invecchia mai, perché l’Amore non invecchia e non si guasta, anzi, nei confronti di Dio e nei confronti del prossimo siamo sempre debitori finché non amiamo come siamo chiamati ad amare. Ma è solo amando che si cura l’amore, e se vogliamo dire concretamente, curando i nostri rapporti; cominciando dai prossimi più prossimi, con quelli che siamo quasi “abituati” ad amare come “dovere”, senza sperimentare più quel piacere cordiale e servizievole che riempie il cuore di gratitudine e felicità. Curare il rapporto con quei prossimi vicini, senza la paura di salutarli, di interessarsi per loro, di farli sentire “prossimi”, pensati, voluti, amati… Curare il rapporto liturgico quando celebriamo insieme, sentendo e godendo la presenza di chi ci sta accanto, accogliendo e nutrendo l’amicizia vera che nasce e si sostiene in Cristo Gesù che ci convoca intorno all’altare per glorificare il Padre Suo e Padre nostro, donando Se stesso senza sosta e senza condizioni.
Allora, scaturiranno spontanee e più vere le nostre buone intenzioni verso i prossimi lontani, i quali possiamo raggiungere solo con il dono dell’amore fatto preghiera, singola o ecclesiale, accompagnata dai nostri gesti di solidarietà, ricordando che dove ci sono uno o due cristiani che amano, li è tutta la Chiesa, perché dove regna l’amore lì c’è Dio.
Ce lo ha ricordato ancora una volta Papa Francesco nella 59ª giornata di preghiera per le vocazioni lo scorso 8 maggio:
«Mentre in questo nostro tempo soffiano ancora i venti gelidi della guerra e della sopraffazione e assistiamo spesso a fenomeni di polarizzazione, come Chiesa abbiamo avviato un processo sinodale: sentiamo l’urgenza di camminare insieme coltivando le dimensioni dell’ascolto, della partecipazione e della condivisione. Insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà vogliamo contribuire a edificare la famiglia umana, a guarirne le ferite e a proiettarla verso un futuro migliore. Tutti siamo chiamati a partecipare della missione di Cristo di riunire l’umanità dispersa e di riconciliarla con Dio. Siamo chiamati a essere custodi gli uni degli altri, a costruire legami di concordia e di condivisione, insomma, a diventare un’unica famiglia nella meravigliosa casa comune del creato».
Il messaggio pasquale è carico della forza del Risorto che ci dona il Suo Spirito, che allontana e spazza via ogni paura, che ci rende uomini e donne nuove, capaci di tessere nuovi rapporti e nuove relazioni, basate nel perdono reciproco e nel desiderio sincero della salvezza di tutti, testimoni credibili ed efficaci dei cieli nuovi e terra nuova che annunciamo. Chissà, a piccoli passi riusciremmo ad arrivare a quella libertà di cuore, di cui Francesco d’Assisi è maestro, ricordandoci che è possibile amare chiunque, senza pretendere di essere “cristiani migliori”…: «E io stesso riconoscerò se tu ami il Signore e se ami me suo servo e tuo, se farai questo: e cioè: che non ci sia alcun fratello nel mondo, che abbia peccato quanto più poteva peccare, che dopo avere visto i tuoi occhi, non se ne ritorni via senza il tuo perdono, se egli lo chiede; e se non chiedesse perdono, chiedi tu a lui se vuole essere perdonato. E se comparisse davanti ai tuoi occhi mille volte, amalo più di me per questo, affinché tu lo possa conquistare al Signore e abbi sempre misericordia di tali fratelli» (dalla lettera ad un ministro, FF: 235).
In virtù del battesimo siamo tutti ministri dei fratelli e sorelle tutti… Custodi di quella pace e quel bene che riceviamo quotidianamente dal Crocifisso Risorto per donarla gratuitamente, a tutti.
Suor Maria Aparecida da Silva
Suore Piccole Missionarie Eucaristiche, Atripalda
Sento di voler manifestare tanta gratitudine a suor Maria Aparecida per aver espresso con le sue riflessioni
concetti tanto elevati e di avermene resa partecipe. Grazie!