Siamo nella Domenica dell’Ottava di Pasqua, e tutta la liturgia della Parola di oggi ci fa ancora gustare i benefici e capire il significato della Risurrezione di Gesù.
La prima lettura ci ricorda che la vita da risorti è una vita da fratelli; nelle prime comunità cristiane, «coloro che erano diventati credenti avevano un cuor solo e un’anima sola» (cfr At 4,32), e a nessuno mancava ciò di cui aveva bisogno. Nella seconda lettura, san Giovanni lega l’amore fraterno all’amore per Dio, che comporta l’osservanza dei suoi comandamenti. Al salmo responsoriale (Sal 17), è ripetuto più volte che “l’amore di Dio è per sempre”; e questo è l’annuncio di tutto l’evento pasquale, e il “per sempre”, che rende unico quell’amore, è scritto con il sangue sulla croce di Cristo. La bella pagina evangelica, infine, ci porta nel luogo chiuso dove erano riuniti gli apostoli, dopo la morte di Gesù, la sera stessa di Pasqua e otto giorni dopo. In entrambe le occasioni, il saluto e il dono del Risorto è la pace.
Come possiamo riconoscere se siamo stati davvero raggiunti dall’amore di Dio, se abbiamo fatto entrare in noi il suo Spirito? La pace del cuore ne è la prova, perché dove c’è Cristo c’è la pace! La pace del cuore è criterio di discernimento tra il bene e il male: solo il bene, pensato e agito, può essere accompagnato dalla pace; solo il bene può avere come origine e come conseguenza la pace; solo il bene può diffondere semi di pace.
La pace del cuore dà anche luce all’intelletto, per comprendere la volontà di Dio, per capire cosa possiamo e dobbiamo fare per essere felici e rendere felici gli altri. Questo significa «avere la vita nel nome di Gesù, credendo che è il Cristo, il Figlio di Dio» (cfr Gv 20,31). E questo è il motivo per cui la Pasqua è il centro e il culmine della fede cristiana.
Noi non veniamo dal nulla e non andiamo verso il nulla. San Paolo ci ricorda che «tutte le cose sono state create per mezzo di [Cristo] e in vista di lui» (Col 1,16), e ancora che Cristo risorto è “primizia” dei risorti (cfr 1Cor 15,20-28). La risurrezione di Gesù, allora, ci dà la vita non solo perché ci apre le porte del Paradiso – la vita senza fine con Dio –, ma anche perché dà il senso alla nostra vita, rendendola un cammino verso il Paradiso.
Mi viene in mente la processione del cero nella solenne Veglia della notte di Pasqua. Al fuoco nuovo benedetto viene acceso il cero pasquale fuori o all’ingresso della chiesa; e poi la luce del cero dà luce alle candele dei fedeli e, simbolicamente, a tutta la chiesa. Mano a mano che si incede verso l’altare, quasi guidati dal cero, c’è sempre più luce tra i fedeli e nella chiesa. Così è la nostra vita dietro al Risorto! Lui, la luce che dirada le tenebre della morte, del male; la luce che fa luce ai nostri passi. Lui, la luce che mai si spegne, perché è la fonte stessa della luce – della vita – e perciò della gioia e della pace.
Tony Limongiello
OFS Atripalda
Bello anche questo articolo! Si legge tutto d’un fiato, grazie Tony!