“Soul”, l’ultimo film di animazione della Disney-Pixar, comincia nel giorno in cui Joe Gardner, professore di musica di una scuola media di periferia, riceve finalmente il contratto di insegnamento a tempo pieno. Nello stesso giorno, però, riesce ad avere anche l’opportunità di suonare per una serata nella band di una delle più grandi artiste di jazz del mondo. Il suo sogno; il “posto fisso” per lui era sempre stato un ripiego rispetto all’impossibilità di poter fare ciò che aveva sempre voluto, alimentando delusione e frustrazione rispetto a questo desiderio mai realizzato, rispetto al suo bisogno di avere il successo che meritava. Quando questo sogno si sta per avverare, il nostro protagonista subisce un incidente. Da questo momento in poi il film ci porta nel mondo dell’aldilà; qui Joe capisce di essere morto.
Egli però non si rassegna, vuole a tutti i costi tornare sulla terra per giocarsi quell’opportunità che stramerita. “Non morirò ora che mi aspetta una nuova vita” dice Joe. Per vie traverse, riesce a farsi designare come mentore di una giovane anima. In questa rappresentazione, infatti, le anime, prima di poter avere un corpo fra gli umani, devono sottoporsi ad un periodo di preparazione con la guida di anime di donne e uomini di alto profilo che già hanno fatto il loro percorso e che, con la loro esperienza, possano essere per loro fonte di ispirazione. Non è detto che tutti ricevano l’autorizzazione a poter cominciare una nuova vita: solo ai meritevoli, a quelli ai quali scoppia la cosiddetta “scintilla”, viene data questa possibilità.
A Joe tocca un arduo compito: la guida di 22, una giovane anima che ha tentato già tante volte, senza successo, di poter avere un corpo. Sia Joe che 22 credono che per poter ottenere il “pass” un’anima debba scoprire il suo talento, cosa sa fare e qual è lo scopo della vita per cui debba nascere. Probabilmente 22 nei precedenti tentativi non si è imbattuto nel lavoro o nella professione giusta; ovviamente il nostro Joe immagina che sia stato scelto per proporgli il mondo della musica, la bellezza del jazz e del successo.
In questo percorso, 22 non si sente molto attratto da questo mondo; piuttosto egli scopre il piacere di relazionarsi con le persone, quanto sia bravo ad ascoltare, a far sentire tutti a proprio agio e a dare consigli, il piacere di una passeggiata e il gusto del buon cibo, quanto sia bello soffermarsi su uno scorcio particolarmente intenso o nel sorriso e nel gioco di un bambino. In sostanza, quanto è bello vivere per il senso stesso e semplice di vivere (quanto è vero e quanto oggi, rinchiusi in casa per l’emergenza Covid-19, lo stiamo davvero riapprezzando). Questo è ciò che basta per “superare l’esame” e così cominciare davvero a vivere. Questo è anche l’insegnamento che riceve il nostro Joe che, in premio, riceve una nuova possibilità per poter riprendere la sua vita dove l’aveva lasciata con prospettive rinnovate.
Non entrerò nella discussione e nella critica del mondo dell’aldilà così come rappresentato dagli autori. Ho però colto degli spunti di riflessione, come sempre mi accade di fronte ad un bel film, anche quando è presente qualche elemento più discutibile da trattare in maniera più complessa e approfondita.
Penso infatti che questo film possa suggerirci qualcosa sul senso della nostro essere al mondo; noi non nasciamo con il bollino di dover ricoprire un ruolo e il nostro cammino, a qualsiasi età, può non necessariamente rispondere alla domanda “cosa vuoi che io faccia?” nel significato del “fare qualcosa”. Non sta solo qui la nostra vocazione. L’ultima parola su noi stessi non spetta al livello di raggiungimento di questi obiettivi e sul nostro “essere buoni per qualcosa”. Quando nasciamo Dio non ha già definito se saremo ingegneri o insegnanti o musicisti, sposati o non sposati, laici o religiosi. Siamo piuttosto chiamati innanzitutto a cogliere la bellezza della vita e a scoprire in quali luoghi dello spirito e della esistenza ci sentiamo felici, in essi abitare e verso di essi orientare le nostre scelte. In questo senso, avere fede in Dio significa muoversi con fiducia e senza paura, anche verso quei sentieri più incerti, quando intravediamo la “scintilla” che risponde alle nostre domande di senso.
L’altra riflessione è sul desiderio di inseguire i nostri sogni. “Soul” non ci dice se poi il nostro Joe sceglie di proseguire come professore o come musicista di successo. Il film finisce soffermandosi sul volto sorridente di Joe che dice: “Come passerò il resto della vita? Non lo so, ma so che ne assaporerò ogni istante”. Stiamo quindi dicendo che dovremmo pensare alla nostra vita con la consapevolezza di chi pensa che non ha senso seguire i propri sogni? Che dovremmo accontentarci, essere felici del poco e non chiedere di più? Che non dovremmo assecondare il nostro bisogno di sentirci affermati o che, per esempio, non dovremmo cercare o essere contenti per una promozione sul lavoro? Non credo questo.
I due protagonisti riescono ad avere le risposte che cercano proprio perché, anche se per vie diverse, non si rassegnano e si mettono in gioco. “Ti dicono che sei nato per fare qualcosa, ma come capisci qual è quella giusta? E se scegli quella sbagliata? O quella di qualcun altro? Sei in trappola!” dice 22 chiedendosi perché mai dovesse valere la pena vivere. La giovane anima si pone domande alte e non accetta la logica del compromesso al ribasso su ciò che davvero vale. I due protagonisti dimostrano tenacia, frutto di quella Fortezza che è virtù e dono dello Spirito Santo, e ambizione, nel suo significato positivo, che non vuol dire sgomitare o ricercare il proprio successo a discapito degli altri ma voglia di non accontentarsi. Spesso essere ambiziosi viene percepito in senso negativo e, in effetti, non sempre questo aspetto viene vissuto in modo salutare. “Quando la gioia diventa ossessione avviene il distacco dalla vita” si dice nel film. A volte, per paura di essere delusi, ci accontentiamo in maniera preventiva o diffondiamo verso i nostri cari, a scopo protettivo e senza esserne sempre consapevoli, un senso di disillusione. Eppure, se ci pensiamo bene, la storia dei santi e dei profeti è piena di persone ambiziose, che “pensano in grande”.
Mosè è stato ambizioso; ha creduto in Dio e nella promessa di condurre il popolo di Israele fuori dall’Egitto. Fidandosi di Dio, si è lanciato in un obiettivo altissimo, e in esso ha trovato la sua vocazione e la liberazione dalla schiavitù per il suo popolo (senza però poi riuscire mai a entrare nella Terra Promessa).
San Francesco è stato ambizioso; nel suo desiderio di avere successo come cavaliere, scopre Madonna Povertà. E tante sono le testimonianze che abbiamo a disposizione che descrivono come il poverello di Assisi non avesse proprio un’indole portata al compromesso al ribasso. Come sarebbe potuto partire ad incontrare il Sultano se non con il desiderio di portare la sua esperienza del Dio di Gesù a tutti, anche ai più lontani nella fede? E che cosa è il Perdono della Porziuncola se non la risposta benevola e misericordiosa di Dio al suo desiderio altissimo di poter ottenere la salvezza per tutti, ma proprio per tutti?
Essi rispondono alla logica “ambiziosa” della relazione che Dio stesso ha voluto creare con l’umanità quando ha mandato il suo Figlio Gesù a morire per la salvezza di tutti.
“Soul”, film di animazione, forse adatto per noi grandi almeno quanto per i bambini, è quindi uno di quei film che penso mi resterà nella testa per molto tempo, che ogni tanto ricorderò nelle mie giornate piene tra attività quotidiane e lavoro, che mi ha permesso di guardarmi dentro e portare alla mia consapevolezza questa riflessione che spero possa contribuire al cammino di te che hai avuto la pazienza di arrivare alla fine di questa lettura.
Igino Tomasetta