Questione di prospettiva

“L’hai presa per una serva a tua madre? Tua madre non serve!” (Natale in casa Cupiello – Eduardo De Filippo). Chissà quante volte abbiamo riso sulla battuta di questa famosa opera teatrale con la quale il protagonista rivolgendosi al figlio, che pretende per l’ennesima volta dalla madre la sua abituale colazione, definisce la figura materna con un sottile gioco di doppi sensi dietro il quale si scorge una raffigurazione tragicomica del servizio vissuto in ambito familiare. In effetti il verbo “servire” tra i suoi numerosi ambiti di utilizzo il più delle volte viene usato con un’accezione negativa. Tuttavia, alcuni dei suoi significati ci possono aiutare a riflettere sul senso più profondo, e a volte nascosto, del servizio.

Generosità – tubicolorati

Il primo, “servire qualcuno”, letteralmente indica l’azione che si rivolge ad una persona alla quale riconosciamo una posizione superiore alla nostra. Se però proviamo a sostituire il verbo servire con l’espressione “prendersi cura”, la logica cambia completamente assumendo un’accezione tutta positiva, nella quale il servizio non è più un puro atto di sottomissione o di asservimento, ma un atto di amore espressione di libertà. Pensiamo alle nostre relazioni: una madre che alleva il suo bambino soprattutto nelle fasi iniziali della sua vita, la quotidianità matrimoniale, il rapporto genitori-figli, quello tra fratelli o tra amici. Sono tutti esempi di un servizio che si fa reciprocità nel quale nessuno è migliore o superiore all’altro, ma semplicemente è il bene a guidare le azioni e le scelte.

Il secondo significato del verbo, “essere necessario”, ci riporta al bisogno di ognuno di noi di sentirci utili per qualcuno o di sentirci valorizzati per una nostra capacità. Quanti adolescenti e quanti giovani vivono oggi un senso di inutilità e faticano a trovare la propria strada, perché la società tende a misurare il valore di una persona esclusivamente per quello che fa o che sa, non per quello che può dare. Ognuno di noi vale, è utile, “serve” nella misura in cui esiste con la propria unicità e per il mistero che porta con sé. Se guardiamo alla nostra vita partendo da questa consapevolezza, allora la prospettiva cambia radicalmente e anche il cammino di ricerca del proprio posto nel mondo o della propria “utilità” in una determinata situazione assume un senso diverso perché trova la spinta nell’amore che possiamo dare e in quello che possiamo ricevere.          

In ultimo, anche la funzione del verbo “servirsi di”, che generalmente sta ad indicare l’azione egoistica orientata al puro raggiungimento dei propri scopi, può assumere un’accezione positiva se la sostituiamo con l’espressione “fare spazio a qualcuno”. Anche in questo caso la prospettiva cambia perché scende in campo la nostra capacità di fare spazio all’altro e alle sue qualità, passando dalla mera logica del capo, che si limita a impartire gli ordini, a quella del leader che dà l’esempio sporcandosi le mani per primo. Questo è il servizio per i cristiani: un umile prendersi cura reciproco in cui l’esempio è quello che conta. In ogni esperienza nella quale siamo chiamati a servire potremmo scovare qualcosa di negativo, ma tutto dipende dalla logica di partenza e dal nostro modo di guardare le cose, perché in fondo è solo questione di prospettiva.

Annabella Troncone

1 commento

  1. Il tuo articolo mi è piaciuto molto, suggerisce diverse sfaccettature e molti approfondimenti, ti ringrazio, brava!

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