La mia testimonianza sulla vocazione francescana laicale: perché sono entrata nell’OFS e cosa significa per me essere terziaria francescana oggi.
È impegnativo per me ripercorrere la strada che alla fine mi ha fatta divenire francescana e raccontarmi ai tanti giovani (e non) della nostra famiglia francescana, ma è una cosa che faccio volentieri, anche se il mio percorso è puntellato di luci e ombre. Percorrendo a ritroso la mia vita, mi rivedo bambina nella mia bellissima Augusta, una cittadina sorta su un’isoletta, posta al centro di una splendida baia, tra Catania e Siracusa; da lì io vengo, da una terra bellissima, in cui la brezza marina ti sfiora il viso portandoti il profumo del mare, una terra di cui restano nell’anima i colori – vividi, splendenti – e il tepore. Frequentavo le suore Orsoline, per prepararmi alla Prima Comunione, e fu allora che mi sentii attratta dall’ideale di vita evangelica e da Gesù. Devo dire che ero una lettrice accanita e che avevo letteralmente divorato tanti libri, tra cui la Bibbia per bambini, perciò conoscevo tutti i personaggi del Vecchio e del Nuovo Testamento e tutte le storie e le parabole.
Dopo qualche anno, ero diventata un’adolescente spilungona e dimostravo qualche anno in più; frequentavo la chiesetta detta della “Rotonda” per la sua facciata tondeggiante, facente parte del Convento dei Cappuccini e vicina a casa mia. Purtroppo non avevo la possibilità di seguire un percorso con i miei coetanei, sotto la guida di un frate o di una suora… Un giorno mi presentai al padre Superiore, forse alla fine di una celebrazione eucaristica, e gli dissi che volevo diventare terziaria francescana, lui mi guardò con un’espressione indefinita, tra l’interrogazione e la meraviglia, poi mi chiese quanti anni avessi e, avendo sentito che ne avevo tredici, mi rispose: “Torna tra qualche anno”. Non sono più andata.
Poi la mia vita ha seguito altre strade, dolori e gioie si sono susseguiti, momenti di crisi… addirittura per qualche anno ho vissuto il trauma del distacco dalla fede… poi l’amore mi ha portato qui, ad Atripalda. Dopo i primi anni di matrimonio, quando ho cominciato ad ambientarmi, mentre mio figlio cresceva, ho preso a frequentare la chiesa di San Giovanni Battista, detta di San Pasquale, mentre invece all’inizio andavo sempre nella chiesa del Carmine. A poco a poco la frequenza è stata sempre più assidua: entrando in quella chiesetta mi sentivo immersa nello spirito francescano e ne ero sempre più attratta: è stato come riallacciarmi al mio passato remoto, anteriore ai dubbi della giovinezza e alle crisi. Pian piano è stato come seguire una via già tracciata. Incoraggiata dall’allora Ministro OFS, Luigi Peluso, ho seguito le varie fasi della preparazione e alla fine ho fatto la mia Professione nell’Ordine Francescano Secolare (OFS). È stato come riprendere un discorso lasciato in sospeso per molto, troppo tempo. Diventare francescana è stata per me la risposta alla mia esigenza di adesione al cristianesimo dei tempi di Gesù.
Essere francescana oggi significa per me tante cose. In primo luogo, pur nei limiti che sento di avere, seguire uno stile di vita quanto più possibile aderente al modello di San Francesco; cosa difficilissima, ma diciamo che sto cercando faticosamente di fare qualche passo in questa direzione. In secondo luogo, è per me confortante essere e sentirmi parte della famiglia francescana; è come se la mia sfera affettiva si fosse dilatata, includendo non solo le sorelle e i fratelli francescani, ma ogni “prossimo”, in cui siamo chiamati a “vedere” il volto di Cristo. Inoltre, lo spirito francescano ti cambia dentro fino al midollo, anche se spesso ci sono le cadute e le ricadute, e i nostri limiti ci trascinano verso errori, mancanze; alla fine è proprio il nostro modo “francescano” di pensare, la nostra mentalità rinnovata che ci solleva in alto verso l’amore per il prossimo, anche di un prossimo che ci ha fatto soffrire, o verso il perdono, faticosa e difficilissima vetta da raggiungere. Avverto comunque la mia piccolezza, talvolta mi sento inadeguata… la distanza tra quello che vorrei fare e quello che riesco a fare mi sembra enorme; spesso mi chiedo come si possa riuscire a comportarsi come ci ha insegnato Gesù. Tante volte penso che, se tutti si comportassero bene, o almeno meglio, il mondo potrebbe divenire di colpo migliore. Nonostante i nostri limiti, noi francescani potremmo essere un punto di riferimento, un modello, uno stimolo, affinché i tanti mali che affliggono il nostro bellissimo pianeta azzurro diminuiscano o addirittura scompaiano. Spesso mi soffermo sui gravi problemi del nostro tempo: criminalità organizzata, droga, prostituzione, scempio dell’ambiente, guerre, terrorismo e così via. Credo che essere francescani oggi debba avere questo significato: impegnarsi nella lotta contro il male e tentare di arginarlo, attraendo soprattutto i giovani e i giovanissimi verso uno stile di vita sano, tenendo presente il comandamento di Gesù: “Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi”.
Maria Pia Murè
Grazie Maria Pia, una bellissima e coinvolgente testimonianza!
Carissimi , vi ricordo con tanto affetto e vi assicuro la mia preghiera.
Certe testimonianze fanno bene al cuore, sopratutto in questo periodo particolare. Testimoniano anche una vitalità che l’isolamento non smorza ma dilata. Tutto a laude di Cristo e del poverello d’Assisi.