Per “mettere al mondo” la gioia

La Parola di Dio dell’ultima domenica di Quaresima, che quest’anno coincide con l’inizio della Primavera, ci presenta il chicco di grano che porta molto frutto solo se, caduto a terra, muore. Gesù sta parlando soltanto di Lui? Del suo destino, della sua missione, della sua storia? Oppure parla anche di me, di te, di noi, che viviamo la nostra storia, fatta di cadute, di difficoltà, di sconfitte?

Sembra metterci tristezza questo brano del Vangelo, come se non bastasse la pandemia; eppure ‘vangelo’ significa ‘buon annuncio’. Sembra quasi che Gesù voglia prospettarci un futuro di croce e di morte, come quello suo: “se uno mi vuol servire mi segua”. Sembra che la via per il Paradiso sia la sofferenza, il sacrificio, l’annientamento: “chi perde la propria vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna”. Ora più che mai sappiamo che l’uomo, e con lui – e a volte a causa di lui – tutta la natura, “geme e soffre”; abbiamo dovuto prendere più consapevolezza della fragilità e della precarietà della vita terrena.

Il senso e la sofferenza nel mondo moderno

Qual è dunque la buona notizia? È la certezza della fecondità del seme che muore. Attenzione! Non è la morte ad essere feconda: non è la sofferenza che genera vita, non le difficoltà, non le prove, non le “cadute”. È la mia vita che può generare vita, oppure no: posso gettarmi nel “terreno” della storia, qui e ora, e, donando quello che sono, portare frutti di eternità, oppure “marcire” di egoismo e indifferenza. Cadendo, toccando la “polvere” di questa vita, posso imparare, come Gesù, l’obbedienza a Dio, che è obbedienza all’amore: fiducia in me stesso e nell’altro, fiducia nell’unità; oppure posso chiudermi in un isolamento che non salva nessuno, né me stesso né gli altri.

La meraviglia della “Pietà” di Michelangelo nelle foto di Amendola -  Italian Ways
Michelangelo, Pietà, Basilica di San Pietro

Se il distanziamento fisico, in questo tempo di emergenza sanitaria, è necessario per tenere salva la vita di tutti, la distanza del cuore fa morire veramente. Perciò dobbiamo ancora una volta invocare il Signore, con le parole del Salmo: “crea in me o Dio un cuore puro”. Se vogliamo essere fecondi, se vogliamo essere pieni di vita per generare vita, dobbiamo chiedere a Dio di darci il suo cuore, che è un cuore di padre. Invocare lo Spirito Santo, per essere riempiti d’Amore: chiedere Dio a Dio! Così “concepiremo” la gioia; saremo cioè capaci di riconoscere qual è la vera gioia perché ne avremo accolto il germe dentro di noi. E la “partoriremo”, la “metteremo al mondo”, amando come Gesù ha amato, amando quello che Gesù ama, amando con Gesù chi da nessuno è amato.

Trova la tua gioia nel Signore! – Sorgente di Vita

Mentre i nostri passi accelerano il cammino verso la luce e la pace della Pasqua, preghiamo dunque così: «Dammi il Tuo cuore Padre, e che cresca in me il carattere di Cristo e del Tuo Spirito. Fammi amare ciò che ami, dammi la Tua forza per sradicare dal mio cuore ciò che non è Tuo. Io voglio stare vicino a Te, desiderare di piacere a Te. Io voglio fare la Tua volontà. Amen!» (Cfr Cuore puro di Davide Di Lecce).

Tony Limongiello

8 commenti

  1. “…dammi la Tua forza per sradicare dal mio cuore ciò che non è Tuo…” questa la mia preghiera a Lui 🙏🏻
    Grazie di cuore, Tony, per la tua bellissima riflessione 👏🏻🔝❤️

  2. Grazie Tony per questa riflessione profonda e appassionata e, in particolare, per lo sprone ad accogliere la gioia dentro di noi per poi “metterla al mondo”!!

  3. A me che cerco una ragione della vita oltre QUESTA vita, e che ancora non l’ho trovata, questa riflessione appare luminosa e, però, lontana. Assai feconda se dimensionata all’agire in sintonia con l’altro, anche il diverso, e in simbiosi con la natura. In un contesto di isolati, ma connessi, può indicare un cammino e, con il cammino, una prospettiva. Mi resta assente, e me ne dolgo, una prospettiva dimensionata all’eterno. Provo sincera ammirazione per chi quella prospettiva ha conquistato. Mi è, comunque, sufficiente il messaggio di vita vissuta per un fine solidale, ancorché limitato nel tempo.

    1. “Avvicinarsi, esprimersi, ascoltarsi, guardarsi, conoscersi, provare a comprendersi, cercare punti di contatto, tutto questo si riassume nel verbo “dialogare”. Per incontrarci e aiutarci a vicenda abbiamo bisogno di dialogare. Non c’è bisogno di dire a che serve il dialogo. Mi basta pensare che cosa sarebbe il mondo senza il dialogo paziente di tante persone generose che hanno tenuto unite famiglie e comunità. Il dialogo perseverante e coraggioso non fa notizia come gli scontri e i conflitti, eppure aiuta discretamente il mondo a vivere meglio, molto più di quanto possiamo rendercene conto” (PAPA FRANCESCO, Fratelli tutti. Sulla fraternità e l’amicizia sociale, n. 198).

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