Corpus Domini. Alle origini di un’antica solennità

Il Corpus Domini (Solennità del Santissimo Corpo e Sangue del Signore), è una della solennità più sentite, sia per il suo valore teologico – viene infatti con essa ricordata ai fedeli la presenza viva e vera di Cristo nella Chiesa per mezzo dell’Eucaristia – sia per la sua importanza folkloristica: si pensi alle tradizionali processioni e alle infiorate.

Ma qual è la storia di questa festa?

Ci troviamo in Belgio, a Liegi, nel XIII secolo. Una mistica, Giuliana di Retine, priora del monastero di Monte Cornelio, nel 1208 ebbe una visione, una luna ombrata da un lato, che rappresentava la Chiesa ancora senza una solennità dedicata al Santissimo Sacramento. Il vescovo di Liegi nel 1246 autorizzò, dunque, la celebrazione a livello diocesano, fissandola nel giovedì dopo l’ottava della Trinità.

Il culto venne poi esteso a tutta la Chiesa da Papa Urbano IV nel 1264, a seguito del miracolo eucaristico di Bolsena, nel Viterbese. Qui un sacerdote boemo, in viaggio verso Roma, mentre celebrava la messa al momento della Consacrazione ebbe un dubbio sulla presenza reale di Cristo nell’ostia. A quel punto, dall’ostia uscirono delle gocce di sangue che macchiarono il corporale di lino e alcune pietre dell’altare. Papa Urbano IV scelse per celebrare tale solennità il giovedì dopo Pentecoste. In numerosi Paesi, tra cui dal 1977 l’Italia, la celebrazione è stata spostata dal giovedì alla domenica successiva.

Il miracolo di Bolsena, Ugolino di Prete Ilario (1357-1364), duomo di Orvieto, cappella del Corporale del duomo di Orvieto

Papa Urbano IV incaricò San Tommaso d’Aquino di scrivere l’officio della Messa del Corpus et Sanguis Domini. Allora l’Aquinate risiedeva a Orvieto nel convento di San Domenico, dove è ancora custodito il crocifisso che proprio in quell’occasione avrebbe parlato al teologo domenicano, dicendogli: Bene scripsisti de me, Thoma, «Hai scritto bene di me, Tommaso». Il Crocifisso è oggi custodito a Napoli, presso la Chiesa di San Domenico Maggiore.

A San Tommaso d’Aquino dobbiamo anche l’inno Pange lingua tantum ergo Sacramentum, ancora è utilizzato nella celebrazione Eucaristica del Corpus Domini. Di seguito ne forniamo il testo in lingua originale e in traduzione italiana.

Pànge, lingua
Tantum èrgo Sacramentum

Pànge, lingua, gloriosi
Corporis mystèrium
Sanguinisque pretiòsi,
quem in mundi pretium
fructus ventris generosi
Rex effudit Gentium.

Nobis datus, nobis natus
ex intacta Virgine,
et in mundo conversatus,
sparso verbi semine,
sui moras incolatus
miro clausit ordine.

In supremae nocte coenae
recumbens cum fratribus
observata lege plene
cibis in legalibus,
cibum turbae duodenae
se dat suis manibus.

Verbum caro, panem verum
verbo carnem efficit:
fitque sanguis Christi merum,
et si sensus deficit,
ad firmandum cor sincerum
sola fides sufficit.

Tantum èrgo Sacramentum
venerèmur cernui:
et antìquum documentum
novo cedat rìtui:
praèstet fìdes supplemèntum
sènsuum defectui.

Genitori, Genitoque
làus et jubilàtio,
salus, honor, vìrtus quòque
sit et benedictio:
procedenti ab utroque
compar sit laudatio.

Canta, o mia lingua
un sì gran sacramento

Canta, o mia lingua,
il mistero del corpo glorioso
e del sangue prezioso
che il Re delle nazioni,
frutto benedetto di un grembo generoso,
sparse per il riscatto del mondo.

Si è dato a noi, nascendo per noi
da una Vergine purissima,
visse nel mondo spargendo
il seme della sua parola
e chiuse in modo mirabile
il tempo della sua dimora quaggiù.

Nella notte dell’ultima Cena,
sedendo a mensa con i suoi fratelli,
dopo aver osservato pienamente
le prescrizioni della legge,
si diede in cibo agli apostoli
con le proprie mani.

Il Verbo fatto carne cambia con la sua parola
il pane vero nella sua carne
e il vino nel suo sangue,
e se i sensi vengono meno,
la fede basta per rassicurare
un cuore sincero.

Adoriamo, dunque, prostrati
un sì gran sacramento;
l’antica legge
ceda alla nuova,
e la fede supplisca
al difetto dei nostri sensi.

Gloria e lode,
salute, onore,
potenza e benedizione
al Padre e al Figlio:
pari lode sia allo Spirito Santo,
che procede da entrambi.

A cura della Redazione

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