Tommaso, detto Didimo

Spesso, quando sono sola, mi assalgono pensieri tristi: flashback di piccole felicità perdute, il pensiero di tremende e immotivate ingiustizie subite, immagini di persone che reputavo amiche che si sono mutate improvvisamente in estranei, frustrazioni varie. Un senso profondo di solitudine.

Capita a tutti. Poi, per fortuna, c’è sempre una Parola che ti scalda, anche nei sentieri bui. Forse è capitato anche a Tommaso, detto Didimo, “il Gemello”, chissà, forse perché l’evangelista con questa parola voleva prefigurare quel momento del cammino di ognuno nel quale ci si ferma e si chiede a Dio: “Dove sei? Perché non mi rispondi? Perché non ti vedo più?”.

Tommaso non sapeva che quel costato in cui ebbe l’opportunità di infilare le mani corrispondeva al suo. Che le ferite di Cristo erano anche le sue, le mie, e di te che stai leggendo. Non sapeva, forse poi lo capì – non ci è dato saperlo – che avrebbe dovuto imparare prima a guardare le sue, di piaghe, prima di quelle di Cristo o degli altri. Imparare a prendersene cura, a carezzarle, anche, forse, a perdonarle. Ad avvolgerle con la benda profumata dell’amore. Ad avere, cioè, misericordia. Dal latino, miseri cor dare: dare il cuore al misero. E i primi miseri a cui dare il cuore siamo proprio noi stessi.

Lo aveva capito anche Francesco d’Assisi, quando, al termine della vita, ricordando l’abbraccio con il lebbroso, lo definì come un momento nel quale “ciò che era amaro” gli venne “mutato in dolcezza di animo e di corpo”. Chissà, forse lo capiremo prima o poi anche noi, anche io, che sto scrivendo con negli occhi le immagini di tutto l’amore non riconosciuto, di quello sprecato.

Gli antichi Greci dicevano che to pathei mathos, il dolore insegna. Sì, il dolore insegna se decidiamo cosa vogliamo fare delle nostre ferite: renderle piaghe di morte o sorgenti di luce, per noi e per chi ci sta accanto.

Maria Consiglia Alvino
OFS Atripalda

1 commento

  1. Belle riflessioni, cara Consiglia, è sempre un piacere leggere quello che scrivi; le tue parole sono stimolanti e nello stesso tempo “universali”, nel senso che il vissuto di chi legge si specchia nel tuo. Brava!

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