Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: “Tutti ti cercano!”. Egli disse loro: “Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo, infatti, sono venuto!” (Mc 1,35-38).
In questa brevissima pagina evangelica possiamo trovare racchiuso il senso della venuta di Gesù sulla terra. È Lui stesso a dirlo apertamente, è venuto a predicare. È venuto ad annunciare il Regno di Dio; è venuto a rendere visibile il volto e l’opera di Dio. È venuto affinché tutti gli uomini conoscessero Dio, e conoscendo Dio – che è Amore – imparassero ad amare Dio e ad amare come Dio le creature e tutto il creato.
In un altro passo della Scrittura Gesù dice: «Vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15). L’atto del predicare, dell’annunciare la Parola di Dio, è un atto d’amore. Gesù considera amici quelli a cui si rivolge, prima e indipendentemente dal fatto che essi lo ascoltino e comprendano e magari mettano in pratica ciò che ascoltano. È il modo di fare di Dio: amare tutti in maniera disinteressata.
Gesù predicò per tutta la Galilea (cfr. Mc 1,39) e inviò i suoi discepoli in tutto il mondo a proclamare il Vangelo a ogni creatura (cfr. Mc 16,15), allora ogni uomo è degno di Dio. Ogni uomo, in quanto semplicemente è, è degno dell’amicizia di Dio; degno di entrare in relazione con Lui; degno di far parte del Suo Regno. E se l’uomo, che è imperfetto, è degno di Dio, che è perfetto, tanto più l’uomo è degno dell’uomo. Ogni uomo, solo perché è uomo, è degno dell’interesse dell’uomo; ogni uomo, solo perché è uomo, è degno di attenzione e di compassione, se necessario, da parte dell’uomo; ogni uomo, solo perché è uomo, è degno di non essere lasciato solo dall’uomo.
In un interessante libro sull’educazione, don Luigi Giussani ha scritto: «Agendo nella misericordia si riconosce il valore dell’altro: fosse solo un punto luminoso in milioni di punti oscuri, si valorizza il punto luminoso. Non in quanto punto luminoso, ma in quanto spia del mistero che l’altro ha dentro» (L. Giussani, Il rischio educativo, 1977). E si può agire nella misericordia «se uno vive la sua natura come immagine del mistero che lo ha fatto, come partecipazione a quel mistero; se uno capisce che quel mistero [Dio] è pietà e misericordia, allora cercherà di vivere pietà e misericordia e fratellanza come sua stessa natura, qualunque fatica implichi» (Ibidem).
Se io accolgo la predicazione di Gesù, se cioè accolgo l’amicizia di Dio, allora sperimento e riconosco di essere degno di Dio; e se poi metto in pratica la Sua Parola, allora divento effettivamente suo amico (cfr. Gv 15,14). Così da Dio mi sentirò amato e grazie a Dio sarò capace di amare: sarò capace di vedere tutti gli altri degni di Dio; sarò capace di accoglierli davvero; sarò capace di “ospitarli” in me stesso.
Ancora don Giussani scrive: «L’ospitalità è far sì che un altro sia parte del proprio vivere. L’ospitalità è il sacrificio più grande dopo quello di dare la vita. Rendere gli altri parte della propria vita è la vera imitazione di Cristo, che nella Sua ci ha talmente ospitati da farci diventare membra del Suo Corpo» (Ibidem). Sicuramente dopo quello di dare la vita, il dono più grande che si possa fare a qualcuno è di renderlo parte della propria vita; interessarsi a lui in maniera disinteressata. E nascerà e rinascerà sempre la gioia nel cuore di entrambi, di chi dona e di chi accoglie il dono, perché dov’è carità e amore lì c’è Dio!
Tony Limongiello
OFS Atripalda
Bellissime riflessioni! Ho letto (in ritardo) l’articolo tutto d’un fiato! Grazie Tony per la profondità del tuo pensiero.