Stare con la malattia: Giovanni Allevi

“Ho perso molto, il mio lavoro, ho perso i miei capelli,
le mie certezze, ma non la speranza e la voglia di immaginare. 
Era come se la malattia mi porgesse, assieme al dolore, degli inaspettati doni”.

In tema di Sanremo, mi piace oggi parlare dell’intervento, sul prestigioso palcoscenico del Festival della canzone italiana, del grandissimo artista Giovanni Allevi: un intervento che ha toccato le corde dei cuori di tutti, credenti e non credenti.

Il pianista e compositore di 54 anni nel suo monologo ha raccontato la sua esperienza di malattia. Due anni fa, Allevi ha scoperto di avere il mieloma multiplo, un tumore delle plasmacellule, cellule del midollo osseo, che purtroppo tende a diffondersi invadendo il tessuto osseo, provocando forti dolori alle ossa e crolli vertebrali, con gravi conseguenze che possiamo solo immaginare. Allevi, nel suo ultimo concerto di due anni prima, parla di un dolore alla schiena talmente forte da non potersi alzare dallo sgabello per salutare il pubblico. Dice di aver perso le sue certezze dopo la diagnosi “pesantissima” e di “aver guardato il cielo per un anno consecutivo con la sensazione di avere 39 di febbre”.

Eppure il dolore e la malattia hanno dato ad Allevi degli “inaspettati doni”: “grazie” alla malattia, ha scoperto che i numeri non contano e che ogni persona è unica, irripetibile e infinita. E, durante la sua permanenza in ospedale, l’artista ha scoperto la bellezza del Creato: le albe e i tramonti che non si contano che ha ammirato e la percezione mai provata prima che “il rosso dell’alba è diverso da quello del tramonto”. E un altro dono di cui parla Allevi è la gratitudine verso tutto il personale, medico, infermieristico e paramedico, che si è preso cura di lui, e verso la ricerca e il progresso scientifico, senza i quali “non sarei qui a parlare”.

E dopo la riconoscenza e l’applauso ai genitori e la scoperta che “il giudizio esterno non conta, perché siamo quello che siamo”, l’ultimo dono. Ma stavolta è un dono che l’artista decide di fare al pubblico: suonare il pianoforte dopo due anni di stop, davanti alla platea di Sanremo e milioni di telespettatori. E lo fa “con tutta l’anima” e in maniera perfetta, come se la neuropatia che gli comporta il tremore e il formicolio alle mani non avesse nessun effetto.

L’esempio di Allevi è un esempio per tutti, perché anche il dolore e la sofferenza possono portare dei doni inaspettati e far vedere la vita da un’altra prospettiva. Allevi non nomina mai Dio, ma di fatto il suo monologo è una preghiera e una vera e propria lezione di teologia: una preghiera in cui Dio è più che mai presente, in tutti i doni che cita, dalla natura alle persone.

Daniele Pirozzi
OFS Atripalda

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