«“Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene”» (Vangelo di Giovanni 21,17).
Gesù risorto, per la terza volta apparso ai discepoli, chiede per tre volte a Pietro se lo ama più di tutti; e Pietro risponde così.
Innanzitutto, lo riconosce, senza alcuna esitazione, Signore della sua vita; tutto il resto: i parenti, gli amici, i fratelli nella fede e la stessa opera di testimonianza e condivisione della fede, vengono dopo di Lui, e hanno senso in Lui e per Lui.
Allora, io sono invitato a chiedermi: Gesù è il mio Signore? Nella mia vita, prima di tutto e al di sopra di tutto c’è Gesù? È Gesù che imito quando penso, quando parlo e quando agisco? È con Gesù che mi confronto, per capire se sono nella via della verità e della vera carità? È a Gesù solo che mi sottometto, e non invece agli uomini o alle idee? È Gesù che adoro, e non gli idoli del denaro, del piacere, del successo? È Gesù che servo, per non essere schiavo di niente e di nessuno, nemmeno di me stesso?
E poi, Pietro sa che questo Signore non è un padrone, perché ad un padrone non importa di conoscere lo schiavo; Gesù, invece, conosce, e conoscendo ama (cfr Mc 10,21: «Gesù fissò lo sguardo su di lui, [e] lo amò»). Gesù sa tutto di noi: conosce le nostre luci – i pregi, le virtù, le buone intenzioni e azioni – e ci ama con le nostre luci; conosce le nostre ombre – i difetti, i vizi, le cattive intenzioni e azioni – e ci ama con le nostre ombre. Non è facile sentirsi conosciuti e amati così! Per questo Gesù interroga Pietro tre volte sull’amore: per “educarlo” all’amore; per fargli prendere piena consapevolezza non tanto dell’amore che lui ha per Dio quanto dell’amore che Dio ha per lui (cfr 1Gv 4,10: «In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi»).
Allora, io posso chiedermi: Mi sento conosciuto da Dio? Sono certo che nulla di ciò che sono e che faccio è lontano dal suo sguardo? Sono felice per questo? Ricordo la testimonianza di un’amica, diversi anni fa. Raccontava che le era capitato più volte di leggere, nei corridoi di un monastero, la scritta “Dio ti vede”. All’inizio era presa da paura e angoscia, poi pensò: “Che bello! … Dio ha sempre i suoi occhi rivolti sopra di me!”, e da quel momento quella scritta le metteva pace e gioia nel cuore; e i suoi occhi brillavano quando ne parlava. Nel Vangelo, Gesù stesso ci dice di non temere, perché Dio ci scruta e ci conosce come si scruta e si conosce ciò che si ha di più prezioso: «Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure, nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!» (Matteo 10,29-31).
Infine, Pietro esclama così: “Tu sai che ti voglio bene”. Chissà che queste parole le stia dicendo a se stesso, piuttosto che a Gesù. D’altronde, se Dio sa tutto, sembrerebbe inutile dirgli che lo amiamo oppure no. Ma Pietro lo vuole dire. Le cose – nel bene e nel male, purtroppo –, quando si dicono, è come se prendessero forma, è come se fossero più vere, perché vengono “alla luce”, esistono. E Pietro – forse – ha bisogno di sentirle quelle parole; ha bisogno di ricordare a se stesso che, nonostante il rinnegamento (che era stato triplice, come triplice è ora la dichiarazione d’amore), nonostante le cadute e le infedeltà, lui ama Gesù, e perciò lo segue. Anche per Pietro, così, come per il Maestro, l’amore diventa la cosa più importante. Adesso lo ha capito, finalmente!
Ed io, ho capito che la cosa più importante è l’amore? …
“O Maria, vergine dell’ascolto, silenzio in cui la Parola venne ad abitare fra noi, affido a te tutto me stesso, la mia mente e il mio cuore, la mia carne e i miei sensi, perché, alla tua scuola e col tuo aiuto, io sia silenzio e ascolto, per lasciarmi amare senza difese dal mio Dio e divenire come te deserto fiorito, giardino del sempre nuovo inizio dell’amore. A te, Madre del bell’Amore, consacro il mio cuore, perché il mio sì divenga, come il tuo, sorgente d’amore tenero e attento, umile e concreto; e, come te, arca dell’Alleanza, io porti a quanti incontrerò la gioia della presenza dell’Amato. Amen!” (Bruno Forte, I gradi dell’amore).
Tony Limongiello
OFS Atripalda
Una riflessione profonda e piena di “spunti di vita”…in particolare ti ringrazio laddove scrivi “…i parenti, gli amici, i fratelli nella fede e la stessa opera di testimonianza e condivisione della fede, vengono dopo di Lui, e hanno senso in Lui e per Lui”…Grazie, perché queste poche righe mi aiutano finalmente a dare significato ad un aspetto che mi ha sempre un po’ turbata, ovvero l’invito rivolto da Gesù ai discepoli di lasciare tutto, famiglia compresa, per seguirLo…mi sono sempre chiesta il perché di una soluzione così drastica, così infelice…lasciare addirittura i propri cari!!E invece ora, grazie alle tue parole, riesco a leggerlo con occhi diversi: la famiglia, i parenti “hanno senso in Lui e per Lui”…se non seguiamo prima Lui anche la famiglia, il rapporto con gli altri ne risente, non sarà mai autentico, solido, vero! Quell’Amore che “move il sole e le stelle” e che é la chiave di tutto si impara seguendo Lui…Solo conoscendo l’Amore possiamo realmente amare…