Ed io avrò cura di te

Un anno fa ho ricevuto un dono, sono diventata mamma, e da quel momento non c’è stato un giorno in cui non mi sia chiesta cosa volesse dire prendersi cura di un esserino così piccolo, che da un giorno all’altro mi guardava con i suoi occhioni azzurri teneri ed indifesi. Molte volte mi sono chiesta se stavo facendo la cosa giusta, se stavo rispondendo bene ai suoi bisogni, se sarei stata all’altezza. È proprio vero…quando nasce un bambino nasce anche una mamma e nel corso di questo anno sono arrivata alla conclusione che la sola cosa che avrebbe dovuto guidare le mie azioni era l’amore.

La maternità non è l’unico campo nel quale esercitare “Il Vangelo della cura”, ma di certo rappresenta una delle forme più alte di cura dalla quale poter prendere esempio per esercitarci gli uni verso gli altri. Nessun manuale potrà dirci il modo più corretto di agire o se stiamo sbagliando tutto, ma l’unica bussola che dovrebbe orientarci è il sentimento ed il rapporto che ci lega. Prenderci cura delle nostre relazioni e delle persone che fanno parte della nostra vita è un impegno quotidiano, che richiede costanza, spesso perseveranza. Gli elementi che caratterizzano la cura materna possono essere declinati in tutti gli ambiti della nostra vita ed essere applicati a tutte le relazioni che viviamo: familiari, sentimentali, amicali.

Prendersi cura di qualcuno è custodire e coltivare, nutrire ed amare al tempo stesso. Questo è ciò che fa una madre per un figlio: custodisce con fedeltà il dono ricevuto essendo ben consapevole che non è di sua proprietà, ma che si tratta di una persona con una sua dignità la cui vita le è stata affidata affinché lo protegga, lo nutra, non solo materialmente, e con generosità lo accompagni nella sua crescita e nello sviluppo delle sue potenzialità e capacità. Una madre c’è sempre, anche quando non c’è, anche nel silenzio, è paziente, è sempre pronta ad accogliere e a donarsi, a curare le ferite. In questo senso curare è sinonimo di amare. Una madre non accudisce il figlio per egoismo o per sentirsi utile, lo fa perché lo ama.

Dovremmo prenderci cura gli uni degli altri con la stessa cura che una madre ha per un figlio, che poi è la stessa che Dio esercita nei nostri confronti. Alcuni modelli “pseudo-educativi” sostengono che una madre non dovrebbe tenere sempre in braccio il neonato, non dovrebbe rispondere sempre prontamente alle sue esigenze e che addirittura dovrebbe lasciarlo piangere un certo numero di minuti prima di prenderlo in braccio nella fase di addormentamento altrimenti si abitua…Ma a cosa si abitua? Ad essere amato? Un bimbo, un adolescente, che si sente ascoltato nei suoi bisogni, un giorno sarà un uomo meno frustrato e un po’ più sicuro di sé, consapevole dei propri limiti e potenzialità. Sentire che qualcuno ci ascolta e si prende cura di noi mette sempre in moto un meccanismo positivo di fiducia.

Curare non è una semplice coccola, è infondere nell’altro la fiducia di chi non è solo e abbandonato al suo destino. Una madre non accudisce un figlio per renderlo dipendente da sé, tutt’altro…lo ama a tal punto da offrirgli gli strumenti per renderlo autonomo e capace, quando sarà il momento, di prendere da solo le sue decisioni, nella consapevolezza e certezza che sarà sempre pronta ad accoglierlo quando si sentirà smarrito. Una madre è sempre fedele a suo figlio così come Dio è sempre fedele e ripone sempre in noi la sua fiducia. La cura di un figlio non è qualcosa che possiamo mettere in stand-by o rimandare quando siamo stanchi.

Lo stesso spirito dovrebbe guidarci nel curare le nostre relazioni, che necessitano di attenzioni quotidiane, nutrimento continuo, manutenzione “ordinaria”. Prenderci cura gli uni degli altri è la sola strada per sconfiggere la solitudine nella quale siamo piombati in questi anni. Non è più il tempo di chiuderci, di cavarcela da soli, ma di curare e lasciarci curare, di aprirci e ritrovarci, dimostrando a noi stessi e agli altri che siamo ancora capaci di amare.

Annabella Troncone
OFS di Atripalda

3 commenti

  1. Profonde riflessioni…attualmente l’umanità ha più che mai bisogno di amare le sue creature. Basta semplicemente guardare ed imitare la cura che Dio ha per ognuno dei suoi figli

  2. Brava a questa giovane mamma che da’ alla sua maternità una particolare interpretazione di amore, non egoistico, ma che invita ad abbracciare tutti….tutti coloro che hanno bisogno di “cura”, termine che include varie accezioni: sollecitudine, affanno, pensiero, inquietudine. Ce lo spiega bene il grande artista Franco Battiato: Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie
    Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
    Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo
    Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai
    Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore
    Dalle ossessioni delle tue manie
    Supererò le correnti gravitazionali
    Lo spazio e la luce per non farti invecchiare
    E guarirai da tutte le malattie
    Perché sei un essere speciale
    Ed io, avrò cura di te

  3. Condivido appieno le parole di questa giovane mamma, vivendo anch’io, da circa 2 anni, le medesime sensazioni…indubbiamente non esiste un manuale per prendersi cura dell’altro, ma è senza dubbio l’amore, quel sentimento incondizionato che non chiede nulla in cambio, a guidarci nella giusta direzione…se si agisce con amore non si sbaglia mai…e poi “amore chiama amore” in un vortice contagioso che si traduce in uno scambio reciproco ed arricchente di sé…Ah se riuscissimo davvero ad amarci gli uni gli altri come Lui ci ama!!!:)

Rispondi a Anna - Azione cattolica della Chiesa del Ss. Rosario, AV Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *