Con l’avvicinarsi del Natale e del nuovo anno, immersi nell’atmosfera colorata e magica delle feste, una domanda fa capolino nelle nostre menti, inutile negarlo. Una domanda forse scomoda e troppo impegnativa ma con cui prima o poi dobbiamo fare i conti se crediamo, come Gesù c’insegna, che la nostra vita abbia ha bisogno di un senso profondo, di un faro che la illumini anche negli ostacoli inevitabili e dolorosi del nostro cammino esistenziale.
“Quali obiettivi che mi ero proposto all’inizio dell’anno ho effettivamente realizzato? “.
E domande affini s’intrecciano: “Credo ancora nei miei sogni o mi sto arrendendo a una vita piatta in cui distinguo solo il grigio e ho perso lo sguardo sui colori? Ho piacere davvero ad uscire anche per una semplice passeggiata, incontrare gli amici, prendermi cura di me stesso, aiutare e sostenere i miei cari? O piuttosto sono azioni che compio in maniera meccanica e ripetitiva senza che la mia anima ne sia l’autentica protagonista”?”
Molto rischioso anche se inevitabile chiederselo, anche se una risposta negativa può aiutarci a riflettere sul nostro senso di disagio.
Se sentiamo di essere scivolati in una fase di DIS-INTERESSE per noi stessi e la realtà che ci circonda riconosciamo innanzitutto che la consapevolezza, come affermava il buon Socrate è già il primo passo per cercare di dare una svolta alla nostra vita.
Non vergogniamoci assolutamente di chiedere aiuto: spesso ci sentiamo soli e, complici anche le immagini false e patinate proposte dagli innumerevoli social networks che frequentiamo più o meno assiduamente, un profondo senso di inadeguatezza si fa strada lento e inesorabile. “Come sono felici gli altri intorno a me, pieni di vita e di amici mentre io mi sento sempre piccolo e inutile”!
Siamo troppo severi con noi stessi, figli di una pseudo-cultura che ci vuole sempre belli, attivi, socievoli e allegri in ogni momento. Guardiamo troppo spesso i nostri difetti, le nostre mancanze, analizziamo troppo spesso le nostre paure finendo con l’ingigantirle ed ecco che allora ci sentiamo paralizzati: non viviamo più le nostre emozioni e di conseguenza perdiamo LA PASSIONE di vivere. Nulla ci sembra così entusiasmante, così in grado di suscitare in noi lo stupore, la meraviglia, la bellezza di poter godere di un momento senza preoccuparci di pensare quanto durerà.
Proviamo dunque ad aprirci con gli altri: scopriremo che le fragilità che ci accomunano sono molte di più di quanto la nostra mente troppo rigida vuole farci credere.
E iniziamo ad ascoltare il nostro cuore, come Gesù ha fatto per noi: “Cosa è meglio per me? Cosa voglio DAVVERO fare?”
Un passo alla volta, senza paura di cadere.
Daniele Pirozzi
OFS Atripalda