È con il cuore pieno di gratitudine a Dio che arriviamo alla fine di un altro anno. Potevamo anche non esserci più, e intanto, il Signore ci concede la grazia di oltrepassare la soglia del 2024, iniziando e costruendo un’altra tappa della Storia, un’altra pagina della nostra vita e della vita delle nostre fraternità.
È vero che una parte della realtà intorno a noi ci risveglia dentro un sentimento di delusione, di sfiducia nell’Umanità, perché sembra che ancora non abbia imparato a vivere la Buona Notizia data al mondo con la nascita del Figlio di Dio nella povertà di Betlemme duemila anni fa; ma è proprio qui che ci dobbiamo concentrare per iniziare questo Nuovo Anno; e lo vogliamo fare chiedendo a Dio gli occhi e i sentimenti di San Francesco, l’uomo rigenerato dall’amore, l’uomo degli occhi grandi, spalancati alle meraviglie di Dio, alla contemplazione, alla gioia… anche e soprattutto in tempi difficili.
Occhi e cuore grandi, capaci di non ritenere per sé la gioia di avere incontrato il Signore, nella sua povera umanità, nella sua inspiegabile fragilità. Ecco perché nasce allora nel cuore di Francesco, fedele osservante del santo Vangelo, il desiderio di vedere con gli occhi, toccare, far rivivere quel disagio rivestito di immensa tenerezza, del Figlio di Dio: «vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello… In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme». (cfr. FF:468-469).
Grazie Francesco, perché nella creatività del tuo amore hai regalato al mondo il Presepe, restituendo alle generazioni di ogni tempo la riscoperta della Bellezza del Verbo, della gioia della semplicità, di quella povertà difficile ma attraente, che ci rende veramente liberi. Grazie perché dal Primo Presepe di Greccio ci fai incontrare sempre il Dio Bambino, in ogni angolo, in ogni casa, in ogni famiglia; in ogni modo, il Dio Umano, Fratello di tutti.
Incontriamo i Pastori che, abbagliati dalla luce degli angeli, lasciano le loro greggi e vanno a vedere il Buon Pastore, che nella sua umanità gratuita ci condurrà ai pascoli della vita eterna.
Incontriamo i Magi che, attratti dalla luce della Stella, lasciano i loro progetti e si mettono in viaggio per trovare lo sconosciuto Re, sorpresi poi di incontrarlo, non in una reggia, ma in una mangiatoia; Lui che poi si offrirà come vero cibo per ogni vivente.
Grazie Francesco, perché nel presepe hai restituito al mondo la speranza che riempie di pace e di gioia i nostri cuori, sognando giorni di bellezza, di pace e serenità per ogni uomo, donna, razza, popolo e nazione. Aiutaci a comprendere che al di là delle nostre costanti infedeltà, il Padre continua a donarci il Suo Figliolo per la nostra salvezza; aiutaci a comprendere che quella pace annunciata dagli angeli, continua ad echeggiare nell’Universo Infinito, e invaderà i nostri cuori e rigenererà l’umanità solo quando saremo in grado di dare gloria a Dio.
La gloria di Dio è l’uomo vivente, quindi, ringraziamo anche Papa Francesco, che con il cuore a pezzi, ci ricorda che non basta riempire di luci i nostri presepi quando lasciamo nel buio della notte più oscura dell’indifferenza o dell’odio i nostri fratelli che soffrono, ma il Natale si fa ogni volta che ci siamo «al servizio dei più bisognosi, “facendosi vicini” concretamente. E questo perché Gesù, il nostro Re che si definisce Figlio dell’uomo, ha le sue sorelle e i suoi fratelli prediletti nelle donne e negli uomini più fragili. La sua “sala regale” è allestita dove c’è chi soffre e ha bisogno di aiuto. Questa è la “corte” del nostro Re. E lo stile con cui sono chiamati a distinguersi i suoi amici, quelli che hanno Gesù per Signore, è il suo stesso stile: la compassione, la misericordia, la tenerezza». (Angelus 26 novembre 2023).
È ancora lui a ricordarci che lo scopo di Francesco era rappresentare dal vivo la nascita di Gesù per suscitare nei frati e nella gente la commozione, la tenerezza di fronte al mistero di Dio nato da Maria in una stalla e deposto in una mangiatoia. Voleva dare concretezza alla rappresentazione: non un dipinto, non delle statue, ma persone in carne e ossa, perché risaltasse la realtà dell’Incarnazione.
“Carne e ossa”, carne della mia carne, ossa delle mie ossa… tessuti della stessa umanità (cfr. Gen 2,21-25). Aiutateci, Francesco e Francesco, a ritrovare il senso di quella gratuità genuina che apre la porta del nostro cuore a chi ci sta accanto, a chi vive o lavora con noi, a chi ha bisogno delle nostre cure amorose, del nostro tempo, delle nostre carezze, del nostro amore fedele e creativo, del nostro perdono. Donaci occhi grandi, capaci di vedere tutto e tutti con disinteresse, felici di donarsi, grati di seguire l’esempio del Figlio di Dio, il Padre nostro celeste, «che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti» (Mt 5,45). E saremo lungo quest’anno, semi di una Umanità disinteressata.
Suor Maria Aparecida da Silva
Suore Piccole Missionarie Eucaristiche di Atripalda
Solo ora ho potuto leggere lo splendido articolo di suor
Maria Aparecida da Silva e l’ho trovato bello, coinvolgente e indicativo, l’autrice ha messo a fuoco tutto ciò che rappresenta il primo presepio per l’umanità. Grazie, suor Maria Aparecida!