Benedici il Signore, anima mia!

Nella solennità di Pentecoste, tutta la liturgia ci ricorda che «L’amore di Dio è stato effuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito, che ha stabilito in noi la sua dimora (Rm 5,5; 8,11)». Dopo cinquanta giorni dalla Pasqua, l’evento della morte e risurrezione di Gesù raggiunge la sua pienezza: l’Amore che si è donato, eternamente si dona! Niente e nessuno potrà mai cambiare questa realtà; perciò possiamo esultare di gioia, lodare il Signore, pregare e danzare, e soprattutto amare.

«Benedici il Signore, anima mia! Sei tanto grande, Signore, mio Dio! Quante sono le tue opere, Signore! Le hai fatte tutte con saggezza; la terra è piena delle tue creature. Tutti da te aspettano che tu dia loro cibo a tempo opportuno. Tu lo provvedi, essi lo raccolgono; apri la tua mano, si saziano di beni. Togli loro il respiro: muoiono, e ritornano nella loro polvere. Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra» (Sal 103).

Jean Restout, Pentecoste, 1732, Museo del Louvre

Quando lo Spirito Santo vive in noi, sappiamo dire-bene di Dio in ogni momento della nostra vita: sappiamo vedere la sua presenza, anche quando non capiamo la sua azione; sappiamo compiere la sua volontà, anche bevendo il calice amaro della delusione e dell’abbandono; sappiamo gioire dei nostri limiti, perché ci spingono ad affidarci a Lui, l’Onnipotente; sappiamo apprezzare la bellezza della vita e riconoscere la dignità di ogni essere vivente.

Quando lo Spirito Santo vive in noi, abbiamo fame solo di Dio: desideriamo il bene e combattiamo il male; lavoriamo per la giustizia e lottiamo contro l’indifferenza; viviamo nella verità e rifiutiamo la menzogna.

Quando lo Spirito Santo vive in noi, possiamo rinascere e far rinascere ogni cosa in Dio: possiamo ricominciare sempre daccapo, dopo un fallimento, dopo un errore, dopo un peccato; possiamo perdonarci e perdonare, per riconciliarci con noi stessi e con gli altri; possiamo portare l’unione e la pace, dove regnano la divisione e la discordia; possiamo tornare a sperare, nel buio dell’angoscia e della sfiducia.

Omelia per la Pentecoste (anno B)

«Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tutti i suoi benefici. Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia» (Sal 102).

Ecco, ogni giorno, con il dono del Suo Spirito, Dio Padre ci “circonda di bontà e misericordia”. Questo è il senso della Pentecoste, per ogni seguace di Gesù. Circondati da questo amore, tutti siamo coinvolti nel dinamismo della vita di Dio; in quella “danza” dei Tre, come la definisce Michel Vandeleene: «All’interno della Trinità questo rapporto [tra Gesù e il Padre] è come una danza, se così si può dire, perché il Padre è eternamente amante, eternamente generante il Figlio – è amore che si dona per far essere il Figlio – e il Figlio che si riceve dal Padre è eternamente amato e sempre proteso verso il Padre che ama con un amore infinito. Per cui l’amante è amato e l’amato è amante, e questo loro eterno connubio avviene nell’amore. Tra loro abita l’amore che hanno in comune, che è il loro rapporto, la loro beatitudine, la loro unità: lo Spirito Santo (Noi crediamo all’amore, L’arcobaleno ed. 2013)».

Così, ciascuno di noi, amando sinceramente e totalmente, fino a “dare la vita per i propri amici” (Cfr Gv 15,13), «rende presente la Trinità, perché ne è propaggine e lingua di fuoco, è fuoco acceso dallo Spirito di Dio, come le fiammelle della Pentecoste; perpetua la presenza di Gesù, ogni giorno; rende visibile sulla terra la realtà dei figli di Dio» (Francesco Savino, vescovo, Omelia 27 maggio 2018).

Tony Limongiello

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