La discesa di Dio III: l’umile obbedienza

Proseguiamo il nostro cammino accompagnando la traiettoria di Gesù, la sua discesa in mezzo a noi, lo spogliarsi della sua divinità per assumere la nostra natura, in tutto, fuorché nel peccato. Lo abbiamo contemplato nella carne di un bambino appena nato, che ha dovuto ricevere le cure e le difficoltà del vivere in famiglia, con le dinamiche più variegate possibile.

E proprio oggi, che entriamo nella Prima Domenica di Quaresima, potrebbe sembrare fuori luogo fermarsi sul Vangelo dell’Infanzia, su Gesù adolescente, che si sente in diritto di riprendere i suoi genitori dopo averli fatti quasi impazzire nei tre giorni trascorsi alla sua ricerca:  “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi dalle cose del Padre mio?”. Ma essi non compresero le sue parole. Parti dunque con loro e tornò a Nazareth e stava loro sottomesso (cfr. Lc 2,41-52).

Se il richiamo del Tempo Quaresimale è “ascoltare” la voce di Dio, allora ci siamo, perché ascoltare nella Bibbia vuol dire proprio ‘obbedire’; dunque è sempre Gesù il Cammino che dobbiamo seguire. L’Unigenito Figlio di Dio si abbassa, si umilia e si sottomette alla vita quotidiana dell’educazione familiare, di un tenore di vita semplice, del lavoro serio e onesto, del coinvolgimento normale con la gente, tanto da presumere che i suoi genitori erano abituati al viaggio annuale con le carovane. Forse questo è un particolare che non consideriamo abbastanza, perché subito dopo la nascita facciamo un salto verso la vita pubblica di Gesù. Intanto, Egli ha accettato di rimanere sottomesso, non solo a Maria e a Giuseppe, ma anche alle condizioni del suo tempo di crescita, di maturazione…

Questo mistero dell’abbassamento di Dio ce lo ricorda Papa Francesco sin dall’inizio del suo pontificato come una nota armoniosa che accompagna il suo insegnamento. L’umiltà: un richiamo che ritroviamo già nelle sue meditazioni quotidiane del giorno 8 aprile 2013 e che rimbomba in tutto il suo magistero, mettendo in evidenza che l’umiltà è la regola d’oro del cristiano.

Proprio lo stile di Maria e di Giuseppe mostra che «tutto l’amore di Dio, per arrivare a noi, prende la strada dell’umiltà. Dio umile che ha voluto camminare con il suo popolo. Il nostro Dio — perché è vero, perché non è un Dio finto, è vero; non è un Dio di legno, fatto dagli uomini, è vero — preferisce andare così, per la strada dell’umiltà. Tutto questo amore viene su questa strada dell’umiltà. Essere umili non significa andare per la strada così, con gli occhi bassi: no, no. L’umiltà è quella di Dio che ci insegna, quella di Maria, quella di Giuseppe. E l’umiltà è quella di Gesù, che finisce sulla croce. E questa è la regola d’oro per un cristiano: progredire, avanzare e abbassarsi. Non si può andare su un’altra strada. Se io non mi abbasso, se tu non ti abbassi, non sei cristiano. “Ma perché devo abbassarmi?”. Per lasciare che tutta la carità di Dio venga su questa strada, che è l’unica che lui ha scelto — non ne ha scelto un’altra — che finirà sulla croce. E poi, nel trionfo della risurrezione.

Già il poverello di Assisi, Francesco, aveva capito e vissuto bene questa regola d’oro, dal suo tempo fino ad oggi, con la certezza della possibilità radicale del Vangelo. Una volta contemplato il volto umiliato di Gesù nel Crocifisso di San Damiano, una volta abbracciata l’umiliazione di Gesù nel lebbroso, Francesco comincia a percorrere la via della povertà attraverso l’umile sottomissione a imitazione del Signore, per finire a vivere in totale obbedienza a Dio e ad ogni creatura.

Il Saluto alle virtù, uno dei gioielli del suoi scritti, trasmette proprio l’armonia tra vita, fede e virtù, lasciate come eredità del suo patrimonio umano e spirituale; una bella sfida per noi uomini e donne del terzo millennio, abituati al “fai da te”, allo spreco e allo scarto di ogni cosa, senza renderci conto della bellezza nascosta nel senso e nel significato di ogni essere che ci circonda… Chiediamo a Francesco che interceda e preghi per noi perché possiamo rendere vivo il Vangelo di Gesù, facendo omaggio con la nostra stessa vita alla virtù della santa obbedienza in umile servizio a Dio, ai fratelli e ad ogni creatura:

La santa umiltà confonde la superbia e tutti gli uomini che sono nel mondo e similmente tutte le cose che sono nel mondo.

La santa carità confonde tutte le diaboliche e carnali tentazioni e tutti i timori carnali.

La santa obbedienza confonde tutte le volontà corporali e carnali e ogni volontà propria, e tiene il suo corpo mortificato per l’obbedienza allo spirito e per l’obbedienza al proprio fratello; e allora l’uomo è suddito e sottomesso a tutti gli uomini che sono nel mondo, ma anche a tutte le bestie e alle fiere, così che possano fare di lui quello che vogliono, per quanto sarà loro concesso dall’alto del Signore (cfr. FF: 258).

C’è forse augurio migliore per cominciare la conversione quaresimale? Preghiamo l’uno per l’altro, perché possiamo insieme, raggiungere le alte vette, possibili a tutti. Buon cammino.

Suor Maria Aparecida da Silva
Piccole Missionarie Eucaristiche di Atripalda

1 commento

  1. Grazie a suor Maria Aparecida per il suo articolo profondo e sentito, veramente un sostegno prezioso per affrontare la quaresima.

Rispondi a Maria Pia Murè Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *