Ringraziamo Il Signore per l’inizio di questo cammino nella compagnia di Francesco e Francesco. Iniziamo con un sentimento di gioia e di speranza.
La gioia di essere qui, di vivere questo tempo così prezioso per noi, così ricco di “presenze” – quante testimonianze di aperture, solidarietà, umanesimo, condivisione! – e della Presenza di Dio, silenzioso, nascosto, umile, provvidente, ricco di grazia e di bontà!
Dire Padre nostro vuol dire Fratelli tutti, e, quindi, non ci può essere un Padre Nostro senza che ci sentiamo tutti fratelli. Ce lo dice lo stesso Gesù: «Voi siete tutti fratelli» (Mt 23,8); e uno solo è il Padre che è nel cielo. Non solo lo ha indicato quando ci ha insegnato a invocarlo con le sue stesse parole, quasi a inserire dentro di noi gli stessi suoi sentimenti: «quando pregate dite così: Padre…» (cfr. Lc 11,1-4; Mt 6,9-13).
La speranza di vivere l’esperienza dell’incontro quotidiano con il Padre del Signore Nostro Gesù Cristo e in Lui, sentirci figli amati, rigenerati, capaci di guardare la realtà che ci circonda (vicina e lontana) con il Suo stesso sguardo filiale e fraterno. Questo cammino lo faremo attraverso la Parafrasi del Padre Nostro, preghiera tanto amata dal serafico padre San Francesco, alla quale ha aggiunto il suo carattere di autenticità nella misura in cui pregava e viveva la preghiera. Riscontriamo tanti aspetti di questo spirito filiale e fraterno nel magistero di Papa Francesco che dona un tono particolare al nostro vissuto. L’invito quindi è ritornare al Cuore del “Padre Nostro”.
Padre! È questa la parola che dilata il cuore di Francesco d’Assisi quando smette di adorare sé stesso e si scopre oggetto di un amore che lo libera dall’autoreferenzialità. Da allora sceglie di non avere altro riferimento su questa terra: «Adesso non più padre Pietro Bernardone, ma Padre nostro che sei nei cieli…» (cfr. 3Comp.20, FF: 1419).
Da quel momento in avanti il figlio di Pietro Bernardone diventa il fratello di tutti e di tutto, perché capisce che tutto è dono gratuito del Padre! Cambiando il punto di riferimento, cambia la direzione di tutto ciò che lo circonda, perché comprende che veramente tutto è connesso e tutto sussiste perché c’è un Amore capace di nutrire, sostenere, guarire, salvare, dare vita, garantire la libertà e la dignità di ogni cosa, di ogni essere vivente, di ogni persona. Scopre che il Dio che lo abbraccia è la Fonte stessa della vita: è Creatore, è Redentore, è Consolatore e Salvatore!
Questa esperienza filiale è così radicata in Francesco che egli passa naturalmente dal sentirsi figlio al sentirsi fratello, per cui continuamente esce dalle sue labbra la lode e il desiderio di coinvolgere tutti nella sua stessa esperienza:
«Niente dunque ci ostacoli, niente ci separi, niente si interponga. E ovunque, noi tutti, in ogni luogo, in ogni ora, in ogni tempo, ogni giorno, senza cessare crediamo veramente e umilmente e teniamo nel cuore e amiamo, onoriamo, adoriamo, serviamo, lodiamo e benediciamo, glorifichiamo ed esaltiamo, magnifichiamo e ringraziamo l’altissimo e sommo eterno Dio, Trino e Uno, Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose, Salvatore di chi opera e crede in Lui, di chi ama Lui: il quale, senza inizio e senza fine, immutabile, invisibile, inenarrabile, ineffabile, incomprensibile e ininvestigabile, benedetto, degno di lode, glorioso, sopraesaltato, sublime, eccelso, soave, amabile, dilettevole e tutto sopra tutte le cose è desiderabile nei secoli dei secoli».(Rnb XXIII-10, FF: 71).
La Fraternità per Francesco non è frutto di conquista personale, ma dono del Padre di tutti, è qualcosa che appartiene alla dimensione di Umanità. Amare l’altro, chiunque esso sia, è un movimento consequenziale di questa appartenenza per cui ogni creatura e ogni fratello “nato” dall’Unico Creatore che è “Padre”, cioè Colui che genera, educa, custodisce e cura; e ogni creatura è stata riscattata dal Fratello amato Gesù Cristo, a prezzo del suo sangue.
Parliamo di un movimento consequenziale proprio perché nasce così spontaneamente dal cuore di Francesco, ormai uomo del Vangelo perché «la bocca parla quello che il cuore è pieno» (Mt 12,34). Infatti, in qualsiasi luogo in cui si trovi e con chiunque si trovi, la preghiera, la poesia, le parole manifestano l’armonia del suo cuore innestato nell’amore trinitario come fonte viva della realtà e della Storia.
«Oh, come è glorioso e santo e grande avere in cielo un Padre! Oh, come è santo, consolante, bello e ammirabile avere un tale Sposo! Oh, come è santo, come è delizioso, piacevole, umile, pacifico, dolce e amabile e sopra ogni cosa desiderabile avere un tale fratello e figlio, il quale offrì la sua vita per le sue pecore e pregò il Padre per noi» (Lettera ai fedeli, FF: 178/3)
È questa esperienza filiale che Papa Francesco ammira in Francesco indicandolo come esempio perché «la fedeltà al suo Signore era proporzionale al suo amore per i fratelli e le sorelle» (Fratelli Tutti, 3).
Il Santo d’Assisi ha tanto da dire ancora oggi ad ognuno di noi e alle nostre generazioni segnate dalla ricerca di apparenze, di successo, di competizione, ferita dal virus dell’individualismo e dalla tecnocrazia, e illusa dalle varie forme di idealismi sociali, economici e religiosi.
Papa Francesco richiama in causa il poverello d’Assisi perché
«Egli non faceva la guerra dialettica imponendo dottrine, ma comunicava l’amore di Dio. Aveva compreso che “Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui”(1 Gv 4,16). In questo modo è stato un padre fecondo che ha suscitato il sogno di una società fraterna, perché “solo l’uomo che accetta di avvicinarsi alle altre persone nel loro stesso movimento, non per trattenerle nel proprio, ma per aiutarle a essere maggiormente sé stesse, si fa realmente padre” (Eloi Leclerc, O.F.M., Exilio y ternura, Madrid 1987, p. 205). In quel mondo pieno di torri di guardia e di mura difensive, le città vivevano guerre sanguinose tra famiglie potenti, mentre crescevano le zone miserabili delle periferie escluse. Là Francesco ricevette dentro di sé la vera pace, si liberò da ogni desiderio di dominio sugli altri, si fece uno degli ultimi e cercò di vivere in armonia con tutti» (Fratelli Tutti,4).
É esempio per noi, uomini e donne del Terzo Millennio, perché anche noi abbiamo bisogno di un “ritorno al Cuore del Padre”, per essere capaci di sognare di nuovo e desiderare veramente una società più umana e più fraterna, testimone di un amore che «va al di là delle barriere delle geografie e dello spazio» (Papa Francesco) verso la beatitudine di un amore che nutra e sostenga la vita dell’altro sia da vicino sia da lontano: «Beato colui che ama l’altro quando fosse lontano da lui, quanto se fosse accanto a lui» (FF 155).
Quanto sono vere queste parole in tempo di Covid! Se da una parte il virus ha messo in luce le nostre false sicurezze, dall’altro ci ha aperto le possibilità di farne uscire da dentro “il meglio che c’è in ognuno di noi”, appunto, quella certezza di essere amati dal Santissimo Padre Nostro e quindi capaci di amare i Fratelli tutti.
Sr. Maria Aparecida Da Silva,
Suore Piccole Missionarie Eucaristiche di Atripalda