Per il terzo anno consecutivo abbiamo iniziato il cammino quaresimale con sentimenti di paura e insicurezza; prima con l’arrivo della pandemia, ora con il terrore della guerra, un’avventura senza ritorno. L’Umanità del Terzo millennio ancora crede di ottenere la pace e la concordia tra le nazioni costruendo armamenti da guerra e non bastano le voci dei popoli e dei profeti che continuano a fare eco nel mondo implorando una pace vera che è diritto di tutti. Ci ritornano alla mente le parole di San Giovanni Paolo II nel 2001, il 12 settembre, un giorno dopo l’attentato alle Torri Gemelle:
«Ieri è stato un giorno buio nella storia dell’umanità, un terribile affronto alla dignità dell’uomo. Appena appresa la notizia, ho seguito con intensa partecipazione l’evolversi della situazione, elevando al Signore la mia accorata preghiera. Come possono verificarsi episodi di così selvaggia efferatezza? Il cuore dell’uomo è un abisso da cui emergono a volte disegni di inaudita ferocia, capaci in un attimo di sconvolgere la vita serena e operosa di un popolo. Ma la fede ci viene incontro in questi momenti in cui ogni commento appare inadeguato. La parola di Cristo è la sola che possa dare una risposta agli interrogativi che si agitano nel nostro animo. Se anche la forza delle tenebre sembra prevalere, il credente sa che il male e la morte non hanno l’ultima parola. Qui poggia la speranza cristiana; qui si alimenta, in questo momento, la nostra orante fiducia».
Trascorsi ventuno anni, dobbiamo ammettere che ancora qualcosa non va, nonostante la corsa veloce del nostro progresso e l’unione delle grandi Nazioni intorno a un interesse comune: l’economia globale. Forse le assurdità che stiamo vivendo stanno togliendo la maschera ad un modo di vivere che non corrisponde alla dignità della persona umana. Negli ultimi anni abbiamo generato e moltiplicato velocemente la massa dei poveri e degli emarginati nel mondo … anche nei sobborghi delle grandi nazioni. Poveri che continuano a esistere invisibili … ma non trasparenti, anche quando la fame li fa diventare pelle e ossa … Non ci può essere pace dove manca la giustizia.
Ma dov’ è il principio della pace?
Dice Gesù che dall’interno del cuore escono le cose belle e le cose brutte (cfr. Mc 7,21-23); la voglia di pace o di guerra; l’amore o l’odio; la vendetta omicida o il perdono liberatore, la fredda indifferenza o la calda solidarietà…
Ecco perché abbiamo bisogno di curare il cuore! Ce l’ho ricorda ancora una volta Papa Francesco nella Gaudete et Exultate 84: «Più di ogni cosa degna di cura custodisci il tuo cuore» (Pr 4,23). Nulla di macchiato dalla falsità ha valore reale per il Signore. Egli «fugge ogni inganno, si tiene lontano dai discorsi insensati» (Sap 1,5). Il Padre, che «vede nel segreto» (Mt 6,6), riconosce ciò che non è pulito, vale a dire ciò che non è sincero, ma solo scorza e apparenza».
Ce lo insegna Francesco, il poverello d’Assisi, diventato trasparente, purificato dall’ascolto della Parola e rivestito di un Amore tale che non ha lasciato in lui nessuna traccia di indifferenza, capace di vedere il volto di Gesù nei volti sofferenti dei fratelli e delle sorelle del suo tempo. Ecco perché continuano ad essere attuali la sua vita e le sue parole anche per noi, in questo tempo così segnato dalla pandemia dell’individualismo, dell’indifferenza, dal consumismo materialista:
«L’uomo, rivestito dell’infermità della carne, non può – egli diceva – seguire l’Agnello immacolato con una purezza così perfetta che lo preservi da qualsiasi sozzura. Perciò quanti attendono alla perfezione devono purificarsi ogni giorno col lavacro delle lacrime. E ne dava lui stesso la dimostrazione. Benché avesse già raggiunto una meravigliosa purezza di cuore e di corpo, non cessava di purificare gli occhi del suo spirito con un profluvio di lacrime, senza badare al danno che ne subivano gli occhi del corpo. Infatti, in conseguenza del continuo piangere, aveva contratto una gravissima malattia agli occhi. Perciò il medico cercava di persuaderlo a desistere dal piangere, se voleva sfuggire alla cecità.
Ma il Santo replicava: “O fratello medico, non si deve, per amore della vista che abbiamo in comune con le mosche, allontanare da noi, neppure in piccola misura, la luce eterna, che viene a visitarci. Il dono della vista non l’ha ricevuto lo spirito per il bene del corpo, ma l’ha ricevuto il corpo per il bene dello spirito”. Preferiva, evidentemente, perdere la luce degli occhi, piuttosto che soffocare la devozione dello spirito, frenando le lacrime, che mondano l’occhio interiore e lo rendono capace di vedere Dio» (FF:1096).
E conclude Papa Francesco: «Quando il cuore ama Dio e il prossimo, quando questo è la sua vera intenzione e non parole vuote, allora quel cuore è puro e può vedere Dio. Mantenere il cuore pulito da tutto ciò che sporca l’amore, questo è santità» (cfr GE 86). Qui, la strada per continuare il cammino verso la Pasqua. Qui la strada per essere con Gesù operatori di pace!
Suor Maria Aparecida da Silva
Piccole Missionarie Eucaristiche di Atripalda