Io, Francesco

«Io, Francesco, sono nato ad Assisi otto secoli fa ed anche se sono trascorsi ottocento anni qualcuno mi ricorda ancora. Quando mi chiedo il perché di questa sopravvivenza nel cuore degli uomini, la risposta me la dà Gesù nel Vangelo, il quale anche in Cielo rimane il testo fondamentale: “Beati i miti perché possederanno la terra”. Sì, ve lo confesso: sono stato mite o almeno ho desiderato tanto di esserlo e in più ho tentato di far qualcosa per riuscirci. Se fossi ancora sulla terra batterei la stessa strada, perché gli uomini sono stufi di violenza. Anche se trovano difficoltà a vivere in pace fra di loro, lo desiderano tanto e istintivamente preferiscono l’agnello al leone» (Carlo Carretto, Io, Francesco).

Comincia così il coinvolgente racconto della vita e del carisma di San Francesco scritto da Fratel Carlo Carretto, un piccolo libro che fa del Poverello di Assisi il biografo di se stesso. Non è certamente vero che sono soltanto alcuni quelli che lo ricordano ancora, dopo più di ottocento anni; ma vero è, di sicuro, il motivo della sua “fama”: Francesco d’Assisi è stato mite, ha desiderato esserlo, ha fatto di tutto per riuscirci.

Io, Francesco

E, allora, per capire Francesco oggi, per amarlo davvero e per cercare di seguirlo, dobbiamo scoprire il segreto di questa mitezza, di questo desiderio di mitezza, di questa volontà di essere mite. Sarebbe facile rispondere che il segreto è il Vangelo, e, in effetti, la risposta è questa; ma bisogna indagare sul Vangelo da Francesco incarnato, bisogna sfogliare le pagine della sua vocazione, bisogna studiare tutti i capitoli della sua storia d’amore con Gesù.

Francesco d’Assisi è stato mite quando a Spoleto, nel sogno, ha detto a Dio: “Signore, che cosa vuoi che io faccia?”; ha capito che il suo desiderio di felicità sarebbe stato soddisfatto non facendo quello che piaceva a lui, o al padre, o agli altri, ma quello che piaceva a Dio.

Francesco d’Assisi è stato mite quando ha abbracciato il lebbroso, senza la paura di essere contagiato, senza temere di ammalarsi, perché consapevole di essere lui il malato, malato di indifferenza, malato di superiorità, malato di egoismo.

Francesco d’Assisi è stato mite quando ha messo pietra su pietra, per ricostruire la chiesetta di San Damiano: ha obbedito alla Parola di Dio; ha deciso che la sua vita sarebbe stata tutta un servizio a Dio, e così è diventata anche un servizio agli uomini.

Io, Francesco

Francesco d’Assisi è stato mite quando si è spogliato di tutto, davanti al Vescovo e davanti al padre; ha lasciato tutto per possedere il Tutto. Aveva capito che per amare veramente bisogna essere liberi; e lo aveva capito perché lui si sentiva veramente libero perché amato, amato dal vero Amore.

Francesco d’Assisi è stato mite quando un giorno, dopo aver ascoltato il Vangelo che parlava di Gesù che invia a predicare i suoi discepoli, esclamò: “Ecco ciò che voglio, ecco ciò che cerco, ecco ciò che bramo di compiere con tutto il cuore!”. Possiamo dire che la missione – il desiderio di condividere con gli altri l’amicizia con Gesù – sia la prova della mitezza: un cuore mite è un cuore dilatato, perché è come il cuore stesso di Gesù.

Se, dunque, è vero, come è vero, che festeggiare un santo significa soprattutto imitarne le virtù, festeggiare san Francesco d’Assisi può significare certamente impegnarsi a imitarne la mitezza, imparando da lui l’arte rivoluzionaria dell’adorazione. «Adorare: un’accettazione umile e profonda che il Signore sia altissimo e Francesco [- io -] sia piccolissimo. Adorare: non resistere, ma accettare pieno di meraviglia e riconoscenza, cominciando dalla piccolezza personale. Adorare: inginocchiarsi ai piedi della creazione per lavare i piedi, fasciare le ferite, mettere al sicuro i disprezzati, servire a tavola, riverire ciò che è insignificante, non disprezzare nulla, essere fratello minimo tra i piccoli fratelli della creazione. Adorare: accettare con piacere che il Presente sia il Distante e che colui che è l’essenza della mia esistenza sia anche l’altra riva; restare immobile, muto, estatico; amare». (Ignacio Larrañaga, Nostro fratello di Assisi).

Tony Limongiello
OFS Atripalda

3 commenti

  1. Bravo Tony! Man mano che mi inoltravo nella lettura mi sentivo sempre più coinvolta, hai saputo mettere in evidenza quella che è l’essenza del messaggio di San Francesco…

  2. Grazie Tony, per la pace e la serenità che mi ha trasmesso questa tua bellissima riflessione sulla mitezza di San Francesco, immagine viva di Cristo. 🙏👏❤️

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